Spokom - Sporadike Komunicazioni - Petrivelli Stefano

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Titoli strambi

 

Mancano le idee a titolo di cronaca.
A titolo di prestito e a titolo di informazione.
Intitola tu.
Mettici del tuo e poi vai.
Vai per savane sconfinate dove la sabbia è un continuo luccichio.
Sfolgorante e abbacinante.
Dove noi tutti animali ci muoviamo liberi.
Dove tutti lottiamo per la sopravvivenza.
Lotte di classe poetiche.
Pervase da un romantico ideale che ti spinge a combattere.
Perso in sabbie mobili mentali che sono peggio di quelle reali.
Ti inghiottono con tutto il titolo di cui ti sei munito.
Il titolo che alla vita tu gli hai dato.
Un titolo frammentario che non significa niente.
Neanche se lo analizzi semioticamente.
A segnali si percorre questa giungla di indicazioni fuorvianti.
E sempre a segni si comunica con popolazioni indigene dall'aria
                                                         [antica.
Simbolicamente validi i nostri corpi ci seguono e comunicano.
Trasciniamo alacremente fardelli di emozioni che ci permettono
                                                      [di volare.
Volare nelle alte sfere di un cielo chiamato terra.
Un titolo australe che mi dona ispirazione per il niente.
Il mio niente.
Il kaosintesta che mi governa e che mi muove.
Alter ego che prende il predominio in ogni situazione.
Il mio essere "umano" svanisce in maniera totale.
E ne esce un individuo fuori in ogni senso che non si sa
                                                     [comportare.
Ma almeno cerca di amare quello che l'originale non riesce
                                                   [a sopportare.
Ama la voglia di emergere e di sfasciare le porte obsolete
                                                 [dell'ignoranza.
Un'ignoranza che qui nella savana è bellezza ed ingenuità.
Come lo era un tempo nelle nostre città.
E l'ignoranza più non ci sarà.
Ma saggezza dei "buoni".
Che non significa "cojoni".
Penso alle distese di steppaglia e di rovente pietra rossa
                                                       [e gialla.
E continui svicolii di serpenti innocui per chi ormai si è
                                       [abituato ad accarezzarli.
E i serpenti a sonagli ogni tanto si suicidano tra di loro.
E ne restano di meno.
E così va tutto in meglio.
Perché meno gente si fa mordere.
Messo in salute dalle parole del nulla che mi ispira.
E di questo vado fiero tra le fiere di provincia.
E mi ci perdo.
Annacquando i sensi.
O meglio imbenzinandoli e ammolendoli con liquido etilico.
E tutto è molle.
Non solo gli orologi.
Le mie membra e le mie vesti si fanno burro.
Burro che si scioglie.
Che mi rende più appetitoso.
E mi squaglia dentro tegami arroventati.
Mi porta su.
Ed io appresso alle mie colpe che di continuo inseguo per
                                            [tentare di seccarle.
Eliminarle. 
Ma fallisce questo ardito piano.
Perché esse sono sedimentate nel mio cuore.
E nel mio cuore muoiono.
Come arbusti rinsecchiti arsi sotto il sole.
Roma 09-05-2003  

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