Spokom - Sporadike Komunicazioni - Petrivelli Stefano

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L'uomo che fuggì da tutti e...

...che accettò se stesso 

La fuga mi è necessaria.
Devo fuggire dalle iene che mi vogliono agguantare.
Annusano e ti trovano addosso anche quello che non hai.
Si inventano qualunque cosa vogliono.
Hanno sempre ragione.
Devo fuggire più lontano che posso.
Nelle foreste equatoriali più fitte devo rifugiarmi.
Devo salire su liane che mi porteranno in alto.
Verso posti più inquietanti dove potrò vivere tranquillamente
                                                  [la mia follia.
Senza essere costretto a nasconderla.
Senza essere castrato da un mondo che mi stringe forte i testicoli
                                                     [dell'anima.
E non solo.
So essere strano a volte.
Come chi sale su montagne immense solo per il gusto di scalarle.
Sono il folle che dei miei pensieri ha fatto ciò che gli impuri
                                             [fanno del loro dio.
Bestemmio i miei pensieri perché sono essi stessi sacrileghi
                                                     [e illeciti.
Illeciti al mondo che affronto ogni giorno.
Così familiari che gli do del tu senza accorgermene.
Senza neanche respirare sono senza fiato all'istante.
Dal mondo degli uomini privi di testa la gente grida da altre
                                        [bocche disposte in tutte
                                             [le parti del corpo.
Adatta il tuo corpo al resto.
Adattati a tutte le torture che ti fanno.
Pure quelle a fin di bene.
Devi guarire.
Io ho paura di fuggire da me stesso.
Perché in me stesso ho il mio rifugio oscuro.
Rifuggo dai continui propositi di migliorarmi.
Sono talmente superiore che non me ne frega niente di dimostrarlo
                                                      [agli altri.
Loro sottovalutano.
È in quel momento che capiscono quanto sia difficile fottermi
                                                      [e fregarmi.
Io sono giusto con me stesso.
Le flebili voci del mio animo invocano pietà per me stesso.
Per il mio tormento chiedono acqua che allievi questo dolore.
Ma io rifiuto.
Questo è ciò che sono.
Dal mondo di chi non mi vuole così io rifuggo.
Mi metto in un cantuccio in compagnia agli altri me stessi che
                                               [abitano sta costa.
Costa di marinai e di pescatori che ritornano sempre a mani vuote.
Reti rotte da pescispada che bucano lo spirito.
Lo lacerano e lo mordono.
E tu ogni giorno devi ripararlo per non sentirti troppo a pezzi.
E quando la merda ti inghiotte restaci dentro.
Tira fuori solo il naso per respirare.
Il resto goditela.
È meglio lei del veleno degli uomini.
La tua merda è roba tua.
La mia situazione non la respingo.
Sono io e mi tengo ciò che sono.
Tieniti ciò che sei.
Non barattarti con falsi tu.
Restaci nel tuo corpo.
Non trasmigrare.
Sappi essere e diverrai.
Roma 01-03-2003  

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