Spokom - Sporadike Komunicazioni - Petrivelli Stefano

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Detrattori di tasse mentali

 

Mi preoccupo per chi amo.
Amo e non lo dico.
Amo e non lo penso.
Non penso che posso avere un futuro su questo mondo.
Mi professo artista fallito che forse avrà successo ma
                                                     [non lo sono.
Ci provo.
Vorrei tanto esserlo.
Non mi sento il migliore.
Ma neanche il peggiore.
È inevitabile.
Io mi sento migliore di altri.
Per questo non li calcolo.
Forse perché studio.
Forse perché sono più intelligente e scelgo tutto ciò che faccio.
Mi tengo alla larga dagli strozzini delle idee che mi confiscano
                                                        [la mente.
Sono partito su poche note.
Sono tornato con sinfoniche odi che mi nutrono di nuovo ossigeno
                                                       [celebrale.
Veicolo un numero enorme di informazioni.
Informazioni quasi del tutto inutili.
Argomenti vari che variano in un lasso di tempo infinitesimo.
Siamo tasselli di un mondo minuscolo e lillipuziano.
Ma siamo comunque nient'altro che frammenti.
Frammentarie voci arrivano dal mio oltretomba scatolare.
Scatola contenitrice di sapienza e di idee malsane.
Il mio cervello non esiste ed è solo vapore evanescente che mai
                                               [più si condenserà.
Io mi meraviglio di cose che non dovrebbero scatenare niente in me.
Eppure la gente si ostina a dirmi ciò che devo fare.
Ma una condizione a questo mondo gliela voglio imporre:
                                                  [lasciami stare.
Io non ho voglia di lottare e di combattere per te una guerra che
                                               [non mi appartiene.
Io sono diviso tra un bene povero e un male elitario.
Ma quale cultura vuoi trovare in me???
Quella dell'ubriacone che non riesce a darsi niente.
Io sto guardando figure spettrali che mi si prefigurano davanti.
Le vedo e non le associo ad immagini che mi rievocano fasti
                                               [e pensieri felici.
Mi ricordano tristezza.
E la tristezza del mio cuore insano esce fuori a reclamare
                                       [la propria territorialità.
La mia infelice condizione vaga nella nebbia e nei liquami
                                                       [del tempo.
In un tempio brullo fatto da mani poco inclini all'architettura
                                                      [vitruviana.
Poco sensibili al gusto di chi edifica impalcature nel cuore
                                   [per darsi uno slancio maggiore
                                      [per trovare un nuovo amore.
Ma io sono un operaio che di continuo cade da queste
                                               [pedane metalliche.
Cade e muore ogni volta che il suo organo vitale smette di pulsare.
Ha smesso molte volte.
L'ingranaggio ormai sé rotto.
E io non ho niente da dire.
E nel mio niente mi rinchiudo.
Pronto a sollevarmi per scagliare un grido disumano.
Roma 16-06-2003  

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