Non voglio entrare nel paradiso dei normali. Preferisco di gran lunga il mio inferno personale!

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Alla Fante dell’esistenza

È una strada
ad ovest di Roma
polverosa
alla quale
tutto si può chiedere.

Tutto, compresa la destinazione
dei nostri sogni ormai perduti:
ritrovati in dei bunker
sotto colline californiane
simili a colli latini
ospitanti future glorie
imperiali.

Gli si può chiedere
il destino di chi l’ha percorsa
e non ne ha visto la fine.
Di chi si è fermato
a metà per bersi
un po’ di Chianti, figlio dell’uva
insieme ai confratelli
bestemmianti
inclini alla pelide ira.

Gli si può domandare
quanto grande sia la nostra fame:
questa fame saziata
dall’ennesimo pieno di vita
effettuato al distributore
alla fonte sgorgante
della fetida esistenza.

Se è lecito
le si può gentilmente
chiedere
se sia opportuno attendere
fino a primavera
per innamorarsi
dei soliti individui vuoti
che circondano
la nostra sfera d’influenza.

Se è possibile
lenire
le sofferenze di un
anno terribile
grazie ad un vino
rosso rubino
distillato e fuoriuscito
dalle nostre vene
rubiconde e grasse.

Le si può chiedere.
Quello che non ha detto
è che molto spesso
e volentieri
non ha tempo di fornirci
la risposta
che tanto desideriamo.
La bugia artificiale
che più ci aggrada
per nascondere la verità
celata nella
polvere.