Non voglio entrare nel paradiso dei normali. Preferisco di gran lunga il mio inferno personale!

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Lettera aperta ad un’amica

Io non sono triste.
Stai serena.
Accetto tutto quello che viene
senza avere in testa un progetto già scritto.
Tiro a campare come dicono a Napoli.
La mia vita è un insieme di altalenanti
sbalzi di umore.
Una sequela di incredibili
e marcescenti voli pindarici
verso la perdizione e conseguente risalita.
È l’impressionarsi su pellicole acide
di alcoliche sensazioni dormienti
all’interno dei nostri animi.
Parlo di me, ma anche di noi.
Del bene che mi vuoi
e del bene che a mia volta maldestramente ti dimostro,
cercando di ricambiare con goffagine,
le tue premure,
le tue spinte verso una vita “col sorriso”.
Il mio cinismo mi annienta.
Il mio nichilismo mi tormenta.

Ma è tutto un mondo di carte difficili da comprendere,
astruse,
dove l’unica cifra riconoscibile
è quella in fondo all’elenco delle voci,
simboleggiante il totale da pagare.
La tassa da versare sul fottuto contocorrente della “vita”.
La “vita” monotona delle nostre fredde città,
non la Vita con V maiuscola
che è degna di essere vissuta.
Quella vita allegra e spensierata,
alla quale tutti quanti aneliamo.
Parliamone di più.
Offriamo a noi stessi ogni giorno
uno spazio di riflessione diverso
dallo sfuggevole “rifarci il trucco”
davanti ad uno specchio.
Ed anche se questo suona molto e troppo
come un inno religioso alla vita,
e ti assicuro che non vuole esserlo,
sono per il lasciar parlare
“il Tedesco” all’università.

E teneramente ti confido che ti amo,
ti ho amata e ti amerò.
Soltanto come un amico sa fare.
Baci ai pupi solitari,
baci a noi sognatori,
baci a tutti quelli che hanno ancora la forza
di guardare in su,
oltre il proprio naso per rimirar le stelle.